
La Bulimia Nervosa è uno dei disturbi inerenti alla sfera dell’alimentazione ed è caratterizzata dalla tendenza a esercitare, in maniera disregolata, un eccessivo controllo sul proprio peso.
Non si può ridurre la bulimia ad un mero problema di alimentazione.
Le abbuffate possono essere dovute a diete, stress, malessere psicologico ed emozioni negative, come ad esempio ansia, angoscia, rabbia o tristezza.
Il vomito e le altre tecniche per evitare di ingrassare sono tutti modi per avere l’impressione di tenere meglio sotto controllo la propria vita e alleviare il malessere emotivo.
Pertanto non si può ricondurre la bulimia a una singola causa, ma piuttosto un insieme di fattori.
La caratteristica principale della bulimia è la creazione di un circolo vizioso che si autoalimenta.
Vi è la preoccupazione per il peso, la dieta ferrea, le abbuffate e le condotte di compenso (vomito diuretici etc), il tutto si ripete in un circolo vizioso che non si riesce ad interrompere.
Ogni condotta determina ed alimenta la condotta successiva senza soluzione di continuità e senza capacità o possibilità di interrompere il giro.
Si verificano depressione, irritabilità, senso di inadeguatezza, preoccupazione continua per il cibo, scarsa concentrazione, umore labile, asocialità.
La persona bulimica in genere ha un normo peso e per questo è più difficile, rispetto a chi sia affetto da anoressia, individuare il problema da un esame esteriore del soggetto.
Il disturbo si manifesta con l’adolescenza ed è più frequente nelle donne.
Vi sono purtroppo anche forme precoci in età infantile o anche forme di bulimia tardiva, cioè in età successive.
Le conseguenze dannose per il fisico sono legate soprattutto alle condotte compensative.
Infatti il vomito o l’abuso di lassativi o diuretici creano scompensi dell’equilibrio elettrolitico, riduzioni di potassio, con conseguenze cardiache, renali, gastriti, esofagiti, emorroidi, prolasso rettale, perdita dello smalto dentale, carie.
Conseguenze del vomito
Le conseguenze del vomito autoindotto sono principalmente a livello di stomaco: lesioni ulcerative a esofago e stomaco, difficoltà digestive croniche, lesioni abrasive e vera e propria rottura dello stomaco .
E’ spesso riscontrabile anche una riduzione della motilità dell’intestino, gengiviti, infezioni e abrasioni ai denti. Con il tempo si determina anche una progressiva impossibilità a digerire materiale proteico e una carenza di vitamina B12.
La bulimia porta ad un’alterazione dell’equilibrio idro-elettrolico, e in particolare a ipopotassiemia (carenza di potassio nel sangue): questo fatto può essere particolarmente rilevante, in quanto porta come conseguenza a gravi alterazioni di battito cardiaco, con rischio di arresto nei casi più gravi.
Altre conseguenze dell’ipopotassiemia sono la disidratazione, la sete inestinguibile, spasmi nervosi e gonfiore agli arti inferiori.
Nel vortice del disturbo alimentare la ragazza che ne soffre potrebbe trovarsi a preoccuparsi più della ritenzione di liquidi, che non di altre conseguenze fisiche ben più gravi e, spinta dalla paura di ingrassare, potrebbe arrivare ad assumere diuretici che non farebbero altro che peggiorare il problema.
Conseguenze dell’uso di diuretici
Chi soffre di bulimia tende a usare diuretici per contrastare la sensazione di ritenzione di liquidi, determinata dai continui picchi glicemici delle abbuffate e degli altri metodi di compensazione.
I diuretici, presi senza motivo, possono portare ad alterazioni dell’equilibrio idro-elettrolitico con un conseguente effetto rebound di ulteriore ritenzione, innescando un circolo vizioso senza fine. Altre conseguenze sono la disidratazione (che a sua volta porta a problemi cardiaci, debolezza muscolare e apatia), crampi muscolari, polso debole, confusione mentale, deficit dell’attenzione.
Conseguenze dell’uso di lassativi
I lassativi utilizzati possono essere a base di erbe naturali (come la senna o la cascara) o a base di principi farmacologici.
L’utilizzo cronico di qualsiasi lassativo porta ad assuefazione, ossia all’incapacità del colon di rispondere allo stimolo del principio attivo: pian piano le dosi con cui si può ottenere l’effetto lassativo devono essere aumentate, con conseguente peggioramento dell’infiammazione intestinale.
L’uso cronico di lassativi porta a gonfiore intestinale, disbiosi (che può durare anche anni), episodi di diarrea incontrollata (e non necessariamente dipendente dall’assunzione del farmaco), irritazione del retto, malassorbimento vitaminico, permeabilità intestinale, disidratazione, perdita di potassio.
Può essere interessante sottolineare che la Farmaco Vigilanza italiana ha evidenziato che l’uso eccessivo di antrachinolonici (cascara, senna, rabarbaro e aloe, quindi tutti principi “naturali”) può determinare perdita massiva di cellule epiteliali, accorciamento delle cripte intestinale e conseguente aumento della proliferazione con effetto pro-cancerogeno a livello di colon.
I PENSIERI DISFUNZIONALI
I pensieri disfunzionali che causano e mantengono le abbuffate sono:
- Perfezionismo e pensieri dicotomico del tipo ‘tutto o nulla’: cercare di mantenere il proprio corpo a un regime calorico molto basso, ideale perfezionistico, porta inevitabilmente alla messa in atto di piccole trasgressioni che quando si verificano, sono percepite dalla persona come una perdita di controllo a cui è impossibile rimediare, per questo una volta innescata la catena la persona continua a mangiare senza nessun freno. L’unica soluzione possibile, a questo punto, è liberarsi da quello che si è mangiato eliminandolo attraverso il vomito.
- Il timore di ingrassare accomuna la bulimia all’anoressia nervosa. Questo timore è presente anche nelle donne non disturbate, ma non nella forma intensa e pervasiva del disturbo alimentare. Intensità e pervasività spingono le pazienti bulimiche a posporre tutto, gloria e soddisfazioni nei più svariati campi, dall’affettivo al lavorativo, a questa irrazionale ricerca di magrezza. Ma è proprio questo rovesciamento di valori che ci fa intravvedere la radice psicologica del disturbo alimentare.
- Valore personale: di solito si valuta se stessi sulla base delle proprie prestazioni percepite in una varietà di ambiti della sua vita quotidiana (es. capacità in ambito relazionale, scolastico, lavorativo, etc.). La persona con bulimia nervosa, invece, presenta una valutazione di sé (autostima) centrata principalmente sul suo peso corporeo, sulla forma del suo corpo e sulla propria capacità di controllare questi ultimi.Conseguentemente a tali criteri di valutazione, la persona con bulimia nervosamanifesta una tormentosa preoccupazione per il proprio peso e per la forma del corpo, i quali diventano oggetto di un controllo ossessivo quotidiano, e spesso si sente grassa e orribile nonostante il suo oggettivo normopeso.
Oltre alla presenza di tali pensieri disfunzionali, si riscontra nelle pazienti affette da bulimia nervosa, una difficoltà a tollerare le emozioni negative: le abbuffate infatti creano uno stato di piacevolezza.
Questa sensazione piacevole iniziale serve soprattutto a bloccare e soffocare le emozioni negative provate.
Tale comportamento dà vita a un circolo vizioso: sopprimere le emozioni attraverso il cibo porta a non risolvere mai i problemi favorendo l’abbuffata successiva; d’altra parte le abbuffate stesse portano alla comparsa di emozioni negative (senso di colpa, disgusto, paura d’ingrassare), che a loro volta innescano le nuove abbuffate.
La Bulimia Nervosa si definisce come un disturbo psichico che compare durante la prima adolescenza ed è caratterizzato da eccessiva e costante preoccupazione per il peso e le forme, per cui la persona inizia a seguire una dieta ferrea, presentando però poi abbuffate e vomito autoindotto.
Chiaramente, dopo l’abbuffata si palesa la terribile paura di aumentare di peso, che a sua volta porta alla messa in atto di comportamenti compensatori (vomito autoindotto, uso improprio di lassativi, digiuno, esercizio fisico eccessivo).
I mezzi di compenso, come il vomito e il digiuno, portano ad avere altre abbuffate e il circolo vizioso, vomito – abbuffata – vomito – abbuffata, si autoalimenta e si mantiene fino a cronicizzarsi.
La bulimia si presenta più frequentemente tra i 20 e i 30 anni.
Le abbuffate avvengono generalmente due volte a settimana, spesso anche una volta al giorno.
Questi attacchi durano per un tempo che va da 15 minuti a 4 ore.
Vomitando o con altri metodi di compensazione (lassativi, eccessivo esercizio fisico, digiuno, etc.) le persone bulimiche credono di poter raggiungere la loro forma ideale e di poter allo stesso tempo soddisfare la loro necessità di cibo con le abbuffate.
Caratteristiche della bulimia
- Il comportamento alimentare è controllato quando si è in pubblico
- Si scelgono prodotti ‘light’ e a basso contenuto di grassi per i cibi che vengono consumati “ufficialmente” e trattenuti all’interno del corpo
- Si acquistano grandi quantità di cibi di scarsa qualità e facili da consumare per le abbuffate
- Durante le abbuffate si consuma un’eccessiva quantità di cibo in un lasso di tempo limitato
- Nello stesso tempo si accumulano cibi e si è preoccupati di avere sempre del cibo a disposizione
- Non si hanno orari regolari per i pasti
- Osservati da fuori tutto funziona perfettamente, la facciata è positiva
- La bulimia causa emozioni di vergogna ed è tenuta spesso segreta
- Disgusto per se stessi, sensazione di essere anormali
- Isolamento sociale, trascurare i propri interessi, umore depresso
- Molta attività sportiva
L’ossessione per il peso corporeo conduce le persone con Bulimia Nervosa ad attuare persistenti e caratteristiche forme di riduzione alimentare, ovvero a seguire una dieta estrema e costante, determinata da regole alimentari estremamente rigide e inflessibili, le quali disciplinano il quanto e il cosa si deve mangiare.
Nella maggior parte dei casi, le regole dietetiche a cui si sottopongono le pazienti bulimiche impongono una drastica riduzione della quantità totale di cibo ingerita, e vietano nettamente una grande quantità di alimenti, i cosiddetti cibi proibiti, costringendo la persona ad un’alimentazione progressivamente sempre più limitata ai pochi alimenti consentiti.
Rispetto a ciò, le tre principali modalità adottate nella restrizione alimentare sono:
- Riduzione della frequanza dei pasti, ovvero tentare di digiunare il più possibile, saltando i pasti;
- Riduzione della quantità di cibo al di sotto di un rigido limite calorico, in genere marcatamente inferiore al fabbrisogno quotidiano medio;
- Eliminazione di specifici cibi, i quali sono temuti perché percepiti come ‘ingrassanti’ o perché in passato hanno dato origine ad un attacco bulimico.
Tra le altre caratteristiche che meritano maggior attenzione, troviamo un’alterazione del meccanismo che regola il rapporto fame – sazietà: la dieta ferrea porta a un aumento della fame e dell’appetito, con conseguente modificazione di alcuni neurotrasmettitori, tra cui la serotonina e gli elettroliti, con inevitabili ripercussioni di tipo fisiologico.
Possibili indicatori diagnostici
Alla luce di quanto riportato, dunque, i possibili indicatori diagnostici in caso di bulimia nervosa potrebbero essere:
- Costante esagerata preoccupazione per la propria forma e il proprio peso
- Paura patologica di ingrassare
- Limite di peso personale molto basso e definito nettamente
- Almeno due abbuffate a settimana per più di tre mesi
- Allo stesso tempo, assunzione veloce di grandi quantità di cibi principalmente facili da consumare e ricchi di calorie
- Sensazione di perdita di controllo sul comportamento alimentare durante le abbuffate
- In seguito tentativi di annullare l’assunzione di calorie:
- Inducendosi il vomito
- Abusando di farmaci (per es., lassativi, diuretici …)
- Seguendo una dieta ferrea / periodi di digiuno
- Facendo eccessivo esercizio fisico
Questi schemi di comportamento possono comparire singolarmente o in parallelo.
Possono essere presenti dipendenze multiple da alcool, droghe, farmaci o shopping compulsivo, oltre a comportamenti autolesionistici.
Conseguenze nella vita quotidiana
Le persone affette da bulimia nervosa si ritrovano a vivere una condizione in cui la qualità della vita risulta fortemente compromessa: spesso percepiscono diminuzione del tono dell’umore, si sentono prive di mordenti e con scarse, se non nulle, relazioni sociali.
Le conseguenze psicologiche includono comportamento ambivalente, pensiero ipotetico (Se, allora…), pensare in termini di bianco o nero, perfezionismo, svalutazione di se stessi fino all’odio per se stessi e alla depressione.
Spesso il disturbo alimentare è negato e le persone con bulimia nervosa si sforzano di mantenere una facciata di normalità. Possono essere presenti sentimenti di vergogna e la tendenza all’isolamento.
Le persone affette da bulimia, anche quelle normopeso, possono produrre gravi disagi al proprio organismo a causa dell’ingestione di ripetuti lassativi o clisteri e all’innesco del vomito.
Frequenti, nelle persone con bulimia nervosa, sono gli scompensi elettrolitici o la disidratazione, che solitamente sfociano in problemi fisiologici piuttosto importanti, squilibri a livello renale dovuti all’abuso di diuretici, e manifeste abrasioni delle nocche delle mani e secchezza della pelle.
Il ciclo mestruale potrebbe fermarsi, i capelli cadere, il sonno o la concentrazione potrebbero avere delle interruzioni.
Il continuo vomito può poi provocare lesioni allo stomaco e l’uso di lassativi può procurare disfunzioni cardiache con perdita di minerali vitali come il potassio, il magnesio e il sodio.
Terapia
Terapia cognitivo-comportamentale
La terapia cognitivo-comportamentale (TCC) (in inglese Cognitive-Behaviour Therapy, CBT) si fonda sul concetto secondo cui uno stimolo non genera necessariamente un comportamento, ma spesso tra lo stimolo e l’agire interviene un’interpretazione cognitiva dello stimolo che, insieme ad assunti e convinzioni della mente umana, sfociano poi in un comportamento specifico.
Scopo della terapia cognitiva consiste nel tentare di trasformare le convinzioni disadattive in convinzioni adattive.
La terapia cognitivo-comportamentale, nata negli anni ’50 è riconosciuta come la terapia preferenziale per la maggior parte dei disturbi emozionali e comportamentali dalla comunità scientifica internazionale e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).
La terapia cognitivo-comportamentale, risultata efficace nei pazienti con bulimia nervosa, mira a modificare l’idea che il peso e la propria forma corporea costituiscano l’unico parametro con cui valutare se stessi.
Il colloquio terapeutico è di tipo psicoeducativo e si articola in circa 10 sedute, seguite da un successivo processo di mantenimento.
La terapia cognitivo-comportamentale individuale si prefigge l’obiettivo della piena riabilitazione del paziente; lo strumento terapeutico è rappresentato dal colloquio psicologico che può avvalersi di strumenti d’aiuto come l’annotazione quotidiana in forma di diario dei cibi consumati e delle sensazioni, emozioni e pensieri che ruotano attorno al cibo e al significato che questi rappresenta per il paziente.
La terapia cognitivo-comportamentale tende a spostare l’asse dell’attenzione del paziente bulimico dalla “forza di volontà” alla “motivazione”.
Ricorrere alla forza di volontà nel paziente bulimico è una via destinata al fallimento.
E’ proprio la mancanza di volontà con cui non riesce a frenare la necessità dell’abbuffata, che scatena nel paziente con bulimia la sofferenza psicologica successiva all’abbuffata stessa, che lo porta ad utilizzare le varie condotte di compensazione e che perpetua il circolo vizioso abbuffata/vomito.
Quello che si chiede al paziente è “motivazione”.
Mentre la forza di volontà si evidenzia nel tentativo della persona di mantenere sotto controllo la situazione, con un dispendio enorme di energia e senza che questo possa avere un esito favorevole, la motivazione implica la consapevolezza del problema e costituisce una potente molla al cambiamento e alla richiesta di aiuto all’esterno (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, 1996).
Quando si vuole smettere: le conseguenze
Uscire dalla bulimia non è semplice.
Nemmeno decidere di farsi aiutare è un passo che non preveda insidie: chi soffre di bulimia tende a sminuire il proprio problema perché “apparentemente non c’è nulla che non vada”.
La paura di essere considerati egocentrici e vanitosi, anziché malati, è grande, e non è del tutto ingiustificata: molte persone che non conoscono la portata devastante di un DCA, purtroppo, non riescono a capire la sofferenza sulla quale la patologia si erge.
Perché di patologia di tratta: non è una fissazione, non è un capriccio.
La terapia della bulimia, come quella di qualsiasi altro DCA, si basa sulla sinergia tra medico, psicologo e dietista: non è possibile rivolgersi solo al dietista, o solo allo psicologico, o solo ad uno specialista medico.
La malattia va affrontata sotto tutti gli aspetti che va ad opprimere:
l’ossessione per il cibo, i pensieri disfunzionali, i danni organici che ha causato.
In questa sede non è mia intenzione dilungarmi sul percorso terapeutico in sé e per sé, quanto piuttosto sensibilizzare alle conseguenze fisiche che il periodo di terapia comporta.
Perché le conseguenze ci sono, e si tratta esattamente di quei sintomi che possono confondere ancora di più la paziente bulimica: gonfiore, rallentato transito intestinale, ritenzione di liquidi.
Ovviamente, la parte principale della terapia è tesa all’evitamento degli atti compensantivi come vomito autoindotto o uso di diuretici e lassativi.
Altrettanto ovviamente, la sospensione di tali pratiche, a cui il corpo si era abituato, causa un acuto effetto rebound:
sospendere l’abuso di lassativi comporta un rallentamento del transito intestinale, così come sospendere i diuretici comporta un periodo di ritenzione di liquidi.
Questo può gettare nel panico una paziente ossessionata dal peso e dalla propria immagine allo specchio, e purtroppo queste difficoltà iniziali della terapia non sempre sono affrontate nel modo giusto, rischiando di predisporre a un abbandono precoce del percorso per sconforto e terrore di ingrassare.
Anche il lato terapeutico volto all’evitamento delle abbuffate è di complessa gestione a causa degli effetti collaterali: non ci si può certo aspettare che anni di bulimia scompaiano in un soffio; le abbuffate continueranno inizialmente ad essere una costante, ma si comincerà a lavorare sul diradarne la frequenza e diminuire la portata.
Nel momento in cui la regola aurea è “qualsiasi cosa succeda, non compensare”, appare chiaro che l’abbuffata trattenuta e non eliminata con metodi di compensazione potrà creare, di nuovo, accumulo di liquidi, senso di torpore, ingrossamento dei centri linfonodali.
Anche questo può rappresentare un fattore precipitante della terapia.
E’ per questo motivo che ho scritto quest’articolo: per sensibilizzare alle difficoltà che si possono incontrare durante la terapia, di modo da non temerle, essere consapevoli che sono fasi passeggere, e che ci possono essere validi strumenti per smorzarne l’effetto.
Affrontare la ritenzione di liquidi
Come abbiamo visto, la ritenzione di liquidi è probabilmente l’effetto più temuto e più frequentemente riscontrabile nel momento in cui si interrompe l’uso di metodi di compensazione.
In realtà, quest’effetto rebound lo può notare chiunque di noi abbia avuto la sfortuna di contrarre un virus gastrointestinale che porti a vomito e dissenteria: finché il virus è attivo, in genere 1-3 giorni, perdiamo peso e liquidi; ma non appena l’infezione viene debellata, ecco che recuperiamo quanto perso, inizialmente con una spiacevole sensazione di gonfiore.
E’ normale e transitorio. Quest’effetto dura generalmente da dieci a trenta giorni, con tempi più lunghi a seconda delle abbuffate intercorse nel frattempo.
Per poter contrastare la ritenzione di liquidi è assolutamente sconsigliato l’uso di drenanti, anche se naturali, o diuretici: peggiorerebbero il quadro clinico.
Ecco qualche consiglio utile, e, spero, non scontato:
– Riabituate il corpo al sale, e non abusate dell’acqua.
Vi verrà spontaneo evitare il sale (“trattiene i liquidi! Fa venire la cellulite!”) e bere tanto, anche 3-4 litri al giorno, nel tentativo di “drenare”:
in realtà avete bisogno proprio dell’opposto.
Poca acqua, all’incirca un litro e mezzo al giorno (di più se fate sport di un certo livello), e la giusta quantità di sale, purché sia integrale.
Tale affermazione è giustificata da un meccanismo biochimico che coinvolge il sistema renina-angiotensina-aldosterone, responsabile del mantenimento della pressione sanguigna e della volemia.
In parole semplici: meno sale usate e più acqua introducete, più il vostro corpo sarà indotto a produrre aldosterone, il cui secondo nome è “ormone antidiuretico”; a voi le conclusioni…
Potrebbe essere utile, nei primi 10-14 giorni, fare un piccolo carico di acqua e sale al mattino: un bicchiere di acqua calda e un pizzico di sale marino integrale, quello che ci sta tra due dita.
Magari aggiungete un po’ di limone per mitigare il gusto.
Questo, per altro, aiuta anche nella normalizzazione dei cicli circadiani di cortisolo, l’ormone dello stress, che spesso in bulimia nervosa è scompensato (in particolare in caso di frequenti abbuffate serali o notturne).
In alternativa, potete tener bevuto circa mezzo litro di acqua ad elevato residuo al giorno, completando con un altro litro di acqua di vostro piacimento.
– Utilizzate sostanze naturali che aiutino a normalizzare la volemia (ovvero il contenuto complessivo di sangue nel corpo, variabile in relazione all’idratazione).
Ad esempio: tè verde di leggera infusione (2-3 minuti al massimo, tuttavia da evitare se soffrite di cali repentini di pressione), karkadè (fiori di ibisco), tisana allo zenzero, zenzero usato per insaporire i primi piatti.
– Cercate di non lesinare sul contenuto proteico dei vostri pasti, e mi riferisco a proteine nobili: carne, pesce e uova. Le proteine aiutano a normalizzare gli scambi idro-elettrolitici delle cellule.
– Non usate troppo frequentemente yogurt e latticini: per il loro effetto pro-insulinico causano picchi di quest’ormone che, in presenza di uno scompenso ormonale e minerale come nel vostro caso, determinerebbero ulteriore intenzione di liquidi. Potete usare quotidianamente qualche pezzettino di parmigiano (10-20 g) e saltuariamente yogurt intero bianco, magari di capra o pecora. Dopo le prime settimane sarà per voi più facile reintrodurre questa categoria di alimenti.
Affrontare la stitichezza
Ecco l’altro grande disagio che si deve essere pronte ad affrontare: un intestino pigro, non collaborativo, che acuirà il senso di disagio e di gonfiore.
Questo accadrà soprattutto in quei casi di bulimia che hanno fatto abuso di lassativi, ma sarà piuttosto comune avvertire stitichezza anche a seguito di un’abbuffata non compensata nemmeno con il vomito.
La paura più grande, in questo caso, è che l’intestino non riprenda più a funzionare: in effetti lo spettro del cosiddetto colon atrofico in risposta ad anni di lassativi è da tenere in seria considerazione, perché può portare ad un blocco intestinale con gravi conseguenze per la salute.
Chi soffre di bulimia mal sopporta la stitichezza anche perché, inevitabilmente, le feci pesano: qualche etto, nulla di che, ma sufficiente a fare la differenza sulla bilancia e a mandare nel panico chi tende ad assolutizzare quel numero.
Cercate di essere calme e razionali: è pressoché impossibile che l’intestino non riprenda mai più a funzionare. Ci vuole pazienza, tranquillità e perseveranza.
Ecco i miei consigli:
– Ricordate che un corretto transito intestinale è agevolato dalla presenza di fibra, ma non di tutta la fibra! Non abusate della verdura: qui avevo spiegato come grossi quantitativi di fibra possono portare a stitichezza, fungendo da ‘tappo’ anziché da stimolo.
Privilegiate piccole quantità di verdura, preferibilmente cotta, sia a pranzo che a cena.
Non consumate troppi broccoli e cavoli, che sono fermentativi; ai fini di sbloccare una condizione di stitichezza possono essere utili zucchine, zucca, melanzane.
– Anche la frutta è da inserire con attenzione nelle vostre giornate: non eccedete (sempre perché potrebbe darvi una spiacevole sensazione di gonfiore), e preferitela cotta. Ad esempio mela renetta cotta con la bucia, servita con cannella e mangiata a colazione con un porridge di avena: una ricchezza di fibra specificamente utile al transito intestinale.
– I grassi. I grassi, intesi come oli, sono utilissimi ad ammorbidire le feci e ad agevolare il transito intestinale: per quanto ne abbiate paura, ricordatevi che state intraprendendo un percorso terapeutico, e in questa fase sarebbe assai utile non lesinare sull’olio extravergine, usato a crudo sugli alimenti. Non vi farà ingrassare, e anzi stimolerà il vostro senso di sazietà.
– Sebbene in tanti siano convinti che il limone sia astringente, e quindi peggiori la stitichezza, non è sempre così: provate a bere una tazza di acqua tiepida con circa ¼ di limone spremuto tutte le mattine appena prima di colazione. Dovrebbe aiutarti nella stimolazione del transito. Attenzione: il limone è acidulo, e se la vostra malattia è stata caratterizzata da vomito frequente potrebbe darvi molto fastidio a livello gastrico; in questo caso, evitatelo.
– Nel primo periodo di transizione, per aiutare il vostro intestino, usate rimedi naturali per facilitare la formazione delle feci e il transito intestinale; ad esempio: 1-2 cucchiaini di semini di chia lasciati in ammollo in 100 ml di acqua tutta notte, da mangiare al mattino a digiuno (magari aggiungete un po’ di cacao e vaniglia per mitigare il sapore); 1-2 prugne secche rinvenute in acqua tiepida ; 1-2 cucchiaini di magnesio in polvere in acqua calda prima di andare a dormire o al mattino appena sveglie; un kiwi maturo insieme alla colazione. Sono molto utili anche alcuni preparati erboristici e fitoterapici, come la Quercus Peduncolata.
Fatevi comunque aiutare dal vostro medico per dosaggi e metodi di somministrazione, e fate attenzione agli integratori a base di senna, cassia e rabarbaro: possono essere d’aiuto se le quantità non sono eccessive, ma, come abbiamo visto prima, l’abuso è controproducente per la vostra salute.
– Evitate di usare integratori a base di carbone vegetale, tanto di moda in questi mesi: potrebbero addirittura peggiorare il gonfiore intestinale; fate attenzione anche ai fermenti lattici: in commercio ne esistono di tutti i tipi, alcuni utili, altri inutili, altri ancora peggiorativi del problema.
Aiutare la flora batterica intestinale a ristabilirsi sarebbe quanto mai utile, ma inizialmente orientatevi verso alimenti fermentati, reperibili in negozi biologici: kefir e kombucha, ad esempio, oppure miso fermentato, crauti a lunga fermentazione, verdure fermentate. Avevamo parlato qui delle proprietà benefiche degli alimenti fermentati.