
Chi soffre di questo disturbo manifesta panico e terrore soprattutto durante i pasti, poiché ogni alimento viene visto come un potenziale nemico, scatenando eventuali attacchi di panico.
Senza ricevere l’aiuto necessario si può arrivare al punto da temere la deglutizione della sola saliva, per poi decidere di isolarsi socialmente, lasciando terra spianata per una futura insorgenza di depressione, spesso di grave entità.
Uomini, donne e bambini possono essere colpiti da anginofobia , anche se le donne sono le più sfavorite e solitamente hanno maggiore probabilità di accusare questo disturbo.
Precisiamo: chi soffre di anginofobia non teme la deglutizione in sè, ma la conseguenza che essa potrebbe comportare, ovvero un possibile soffocamento.
A seguito del primo evento percepito come traumatico in relazione alla paura sperimentata, cominciano a caratterizzarsi in maniera ricorrente una serie di pensieri con componente ossessiva legati al cibo e al momento del pasto, connotato da un continuo vissuto di terrore rispetto a ciò che potrebbe accadere a seguito della deglutizione.
Questa ideazione ossessiva e la paura che ne scaturisce può condurre il soggetto ad esasperare un controllo rigido della realtà, trasformando in questo modo il pasto in qualcosa di rigidamente strutturato e iper-controllato.
Anche i momenti precedenti al pasto cominciano ad essere vissuti con forte ansia anticipatoria la quale può raggiungere dei picchi molto intensi o attacchi di panico.
- La tentata soluzione principale che la persona mette in atto per tentare di controllare e proteggersi dal pericolo di soffocare è la selezione e l’evitamento progressivo di alcuni alimenti percepiti come rischiosi. In genere, si comincia con l’eliminare dapprima la carne, iniziando da quella rossa, poi la pasta, da quella con formato più grande, poi alcune verdure e così via. L’evitamento, uno dei copioni comportamentali tipici dei soggetti fobici, fa sperimentare alla persona una immediata sensazione di rassicurazione e sollievo dal rischio di soffocamento ma al tempo stesso conferma la pericolosità del cibo evitato agendo sulla credenza “non sono rimasto soffocato perché non ho ingerito quel determinato alimento”. Il reiterarsi di questa tentata soluzione andrà quindi a confermare sempre di più la pericolosità dei cibi amplificando la paura connessa alla loro assunzione, costringendo la persona a ridurre la sua alimentazione a pochissimi alimenti. Ogni evitamento conferma la pericolosità della situazione evitata e prepara l’evitamento successivo (Giorgio Nardone).
- La seconda tentata soluzione disfunzionale tipica comporta una sorta di regressione da un punto di vista alimentare, consiste nel frullare/omogenizzare i cibi, portando l’alimentazione ad essere molto simile a quella dell’età dello svezzamento. Il quadro fobico che inizia a delinearsi ha delle pesanti ricadute su tutta la vita sociale della persona che inizierà a vivere con angoscia un pasto di lavoro, una cena con gli amici o la frequenza alla mensa scolastica nel caso si tratti di bambini in età scolare. Provate ad immaginare gli effetti del reiterarsi delle tentate soluzioni che la persona metterà in atto nel tempo e quanto limiteranno in maniera sempre più drammatica la sua vita sociale generalizzando nel tempo la paura anche verso nuovi alimenti che in precedenza erano ritenuti sicuri.
La risoluzione dell’ anginofobia parte innanzitutto dalle cause.
Una volta esclusi i possibili problemi sul piano medico, si cerca di capire se la natura della fobia è di carattere psicologico.
In questo caso è opportuno spingere il paziente ad esporre tutte le situazioni che reputa più spaventose e pericolose per la sua vita, senza risparmiare nessuna descrizione, nessun particolare e nessuna sensazione legata a questo disturbo.
una volta accertato che il problema è psicologico, bisognerà cercare di esporre il paziente a tutte quelle situazioni che teme, cercando di descrivere al proprio terapista le sensazioni che prova messo di fronte a ciò che più lo disturba
Il trattamento dell’anginofobia
L’ anginofobia si manifesta solitamente in età adolescenziale e colpisce maggiormente le donne.
Quando si presentano i primi segnali di questo problema il primo passo da fare mira ad escludere eventuali cause organiche; se gli accertamenti medici daranno esito negativo è necessario ricorrere al trattamento d’elezione dell’anginofobia, la psicoterapia.
Rispetto ad un disturbo fortemente impedente e pervasivo come questo, che può avere preoccupanti ricadute sulla possibilità di nutrirsi, la caratteristica di efficienza di una psicoterapia (capacità di ottenere risultati in tempi ragionevolmente brevi, ovvero mesi e non anni) e quella di efficacia (capacità del modello di risoluzione del problema e mantenimento dei risultati nel tempo) sono un requisito di primaria importanza perché rappresentano la possibilità per il paziente di tornare ad alimentarsi e riappropriarsi della propria vita.
La diversa importanza attribuita soprattutto all’efficienza rappresenta uno dei tanti aspetti che differenziano le terapie brevi da quelle a lungo termine.
Una psicoterapia che non sia efficiente difficilmente può essere efficace, anche perchè in tempi estremamente lunghi diventa difficile dimostrare che il cambiamento ottenuto sia riconducibile agli effetti della terapia.
Già dalla prima seduta, dopo aver definito il problema ed individuato le tentate soluzioni , l’obiettivo del terapeuta sarà quello di interrompere il circolo vizioso che si è strutturato tra tentate soluzioni e persistenza del problema e lavorare sul rigido sistema percettivo reattivo che la persona ha costruito intorno al problema.
Questo attraverso l’utilizzo di metodologie e particolari stratagemmi selezionati in base alla peculiarità del caso e all’età del paziente.
Quest’ insieme di strategie guideranno la persona a sperimentare dei piccoli e progressivi rischi quotidiani rispetto all’assunzione del cibo (si ricominciano a reintrodurre più spesso cibi dalla consistenza croccante) e il procedere un passo alla volta consentirà alla persona di poter toccare e superare il proprio limite attraverso vere e proprie esperienze emozionali correttive.
Grazie all’esperienza concreta il paziente sarà guidato a modificare la sua percezione, trasformandola gradatamente da disfunzionale e patologica in funzionale e sana.
Quando l’anginofobia colpisce un bambino – la Terapia Indiretta
Quando ad essere colpito da anginofobia è un bambino è necessario lavorare anche sul e attraverso il contesto nel quale è inserito il disturbo, quindi oltre alla famiglia, i nonni (se trascorrono alcune ore della giornata con loro e in particolare i momenti dei pasti) e il contesto scolastico, ovvero le maestre. Pianificare un intervento di questo tipo consente di lavorare anche sulle tentate soluzioni disfunzionali degli adulti coinvolti inevitabilmente nel problema, anche perché come già affermava Oscar Wilde “è con le migliori intenzioni che si ottengono gli effetti peggiori”.
In questi casi quindi il fattore che rende la terapia davvero efficace è la natura sistemica dell’intervento, in modo da coinvolgere gli adulti di riferimento, eletti a co-terapeuti e ai quali verranno assegnate delle prescrizioni terapeutiche costruite ad hoc per la situazione presentata e che guideranno in maniera indiretta il nostro piccolo paziente ad uscire dalla trappola che lui stesso ha costruito.
Spesso la paura di un male ci conduce ad un male peggiore (N. Boileau)