Sono tantissimi i medici che dichiarano che il fenomeno dell’autolesionismo è in aumento non solo tra i giovani, ma anche tra gli adulti.

Si tratta di un problema che terrorizza i genitori, lascia perplessi i consulenti scolastici e rappresenta una vera sfida per i medici.

Il fenomeno dell’autolesionismo porta chi ne soffre a procurarsi ferite, tagli profondi, contusioni o altri tipi di ferite.

Che cos’è l’autolesionismo?

Il problema dell’autolesionismo varia da un soggetto all’altro.

Gli autolesionisti non sono tutti uguali.

L’autolesionismo è meno frequenti nei bambini e negli adulti, molto più ricorrente tra le adolescenti femmine, ma si riscontra anche tra i maschi.

Normalmente tra le cause dell’autolesionismo ci sono problemi psicologici come: scarsa autostima, emarginazione, senso di solitudine, senso di impotenza, paura, difficoltà ad appoggiarsi emotivamente agli altri. L’autolesionista ha sempre una profonda ferita a livello emotivo.

L’autolesionismo può essere anche l’effetto secondario di un’altra malattia come:

  • disturbo bipolare dell’umore,
  • depressione, disordine alimentare o stato ossessivo-compulsivo.

Alla base di molti casi di autolesionismo c’è una persona che ha vissuto un’infanzia infelice, venendo duramente maltrattata o totalmente ignorata.

Si individuano, in letteratura, diverse forme di comportamenti autolesivi, le quali si differenziano soprattutto per la gravità dell’atto verso se stessi; esclusi i rari casi di mutilazione grave (tipica, appunto, di pazienti con diagnosi nell’area psicotica o con severo ritardo mentale), le forme più frequenti concernono l’autolesionismo definito “leggero” (che si manifesta col tagliarsi, bruciarsi, strapparsi i capelli, ferirsi, ecc.) e il cosiddetto autolesionismo “latente”, il più subdolo in quanto nascosto e presente in ulteriori forme di sofferenza psicologica (tossicodipendenza, bulimia, attività fisica eccessiva, ecc.).

L’autolesionismo sembrerebbe coinvolgere fino al 20/30 % degli adolescenti (nonostante il sommerso possa essere molto più elevato), con esordio intorno ai 12-14 anni e in proporzione quasi equivalente tra i due sessi  sebbene a differenziarsi siano i metodi d’elezione: le donne sono difatti più propense a tagliarsi, gli uomini preferiscono colpirsi o bruciarsi.

La letteratura sembra dimostrare che l’adolescente ricorra più frequentemente rispetto che all’adulto a metodi multipli .

Si rileva inoltre una significativa associazione fra l’auto-ferirsi e la presenza di emotività negativa, ansia, depressione e, in particolare, disregolazione emotiva.

La parola autolesionismo comprende una vasta gamma di comportamenti.

La classificazione degli atti di autolesionismo differenzia tre tipologie di atti autolesivi:

  • superficiale/moderato,

  • stereotipato

  • maggiore.

L’autolesionismo superficiale/moderato :

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riguarda principalmente gli adolescenti ed è la forma più diffusa di autolesionismo.

Si manifesta attraverso comportamenti quali: strapparsi i capelli (tricotillomania), mordersi le unghie fino al sanguinamento, graffiarsi, procurarsi bruciature con le sigarette, scrostare ferite per evitarne la cicatrizzazione, pizzicarsi, trafiggersi con aghi, bucarsi con piercing e, condotta più diffusa, procurarsi dei tagli poco profondi (così detto cutting).

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L’autolesionismo stereotipato :

si manifesta con comportamenti rigidi e ripetitivi, quasi automatici come sbattere la testa contro il muro, percuotersi, mordersi e comprimere i bulbi oculari.

Di solito questi comportamenti si inseriscono nell’ambito di patologie gravi come il ritardo mentale o l’autismo.

L’autolesionismo maggiore :

è anche detto automutilazione ed è la forma più grave di autolesionismo.

L’individuo in tal caso si procura danni permanenti ed invalidanti, come ad esempio l’amputazione di organi o di parti di arti (come taglio delle orecchie, delle dita etc).

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E’ un comportamento che si presenta nell’ambito della schizofrenia, delle psicosi e delle intossicazioni acute da sostanze stupefacenti.

Spesso tale forma id autolesionismo è frutto di una condizione patologica molto grave e di una grave dissociazione mentale.

L’autolesionismo è oggi una patologia molto diffusa, soprattutto nella forma più moderata.

Esso interessa maggiormente gli adolescenti o comunque i ragazzi giovani.

Il ragazzo autolesionista in genere sceglie di vivere questo fenomeno per affrontare dei momenti difficili di passaggio della sua vita, come il passaggio dall’infanzia all’adolescenza e da questa all’età giovanile.

L’autolesionismo viene praticato dai ragazzi più giovani per manifestare ed urlare un loro disagio, il loro sentirsi inadeguati o come strumento di ribellione verso un sistema (familiare o scolastico o sociale in genere) che non accettano o che li rfiuta.

Il dolore a livello psichico, scaturente da situazioni che sono le più svariate (genitori separati e litigiosi, violenze domestiche, bullismo a scuola, mancanza di amicizie e difficoltà a socializzare, problemi fisici che si ripercuotono sull’autostima etc), viene quindi trasformato in dolore fisico, considerato più gestibile e controllabile.

Ma l’autolesionismo può trovare le sue origini anche in epoche lontane, come il primissimo anno di vita di un bimbo che non abbia ricevuto il necessario contatto con il corpo materno e che non sia stato nutrito psicologicamente dalla presenza della figura materna.

Il genitore il quale si rende conto che il proprio figlio pone in essere comportamenti autolesionistici (il che non è sempre facile in quanto molto spesso i ragazzi sono capaci di nascondere alla famiglia il loro status, apparendo in seno alla famiglia normali), dovrà cercare di stabilire con il ragazzo una comunicazione il più possibile comprensiva, senza colpevolizzarlo e senza rimproverarlo, portandolo poi a seguire un percorso di psicoterapia idoneo.

Autolesionismo: Come smettere?

Come affrontare il problema dell’autolesionismo?

Come aiutare chi ne soffre a venirne fuori?

E’ bene sapere che ciò è possibile, dato che normalmente l’autolesionista non vuole morire, ma semplicemente alleviare un dolore emotivo.

Per lui l’autolesionismo è un semplice salvagente che usa per non affondare più in basso nel dolore.

Se sei un autolesionista sappi comunque che non sei solo: puoi affrontare questo problema e uscirne, come molti altri hanno fatto.

Il sollievo che ottieni con l’autolesionismo infatti dura poco, prima o dopo i problemi si ripresentano, e con essi la necessità di lesionarti nuovamente.

E’ molto meglio risolvere il problema alla radice, trovando modi più funzionali e risolutivi per affrontare la frustrazione.

Il primo passo per superare la autolesionismo è cercare di capire il motivo per cui ci si sente spinti a farsi del male.

Può trattarsi di un’abitudine nervosa o alla base ci può essere un profondo senso di colpa o un certo tipo di stress.

Chiediti: Perché lo faccio?

A cosa penso quando provo l’impulso di farmi del male?

È per la situazione angosciante che sto vivendo a motivo della famiglia o degli amici?

Farsi queste domande introspettive e scoprire le risposte può aiutarci a individuare le cause del nostro male, è quindi la prima base per imparare a combatterlo

Altro passo fondamentale e imparare a confidarsi con qualcuno di fiducia.

Che si tratti dei genitori, di un amico fidato, di uno psicanalista, il fatto di confidarsi con qualcuno può offrirci il conforto di cui abbiamo bisogno.

L’autolesionismo è un problema che va affrontato come si farebbe con la depressione.

L’aiuto di un medico specialista e di persone che ci amano risulta assolutamente fondamentale per offrirci il supporto che necessita in questi momenti.

Se ci dovesse risultare difficile parlare a voce, proviamo a farlo per lettera o per telefono.

Confidarsi è il primo passo verso la guarigione più profonda, può offrirci lo stimolo che ci serve a non farci più del male.

E se hai una ricaduta?

Ricorda che il vero successo non si misura da quante volte cadi, ma da quante volte ti rialzi.

È importante non demordere.

Una ricaduta è solo una momentanea battuta d’arresto, non un fallimento insuperabile.

Guarda con fiducia al futuro, essendo consapevole del fatto che tantissime persone come te hanno superato il problema dell’autolesionismo.

Quando ce la farai anche sarai felice e soddisfatta di te stessa, acquisendo più rispetto di te.

Autolesionismo: Come Aiutare altri a uscirne?

Come si può aiutare un amico o un familiare che si auto-lesiona?

Dare aiuto a chi soffre di autolesionismo può non essere facile, ma è possibile.

La cosa fondamentale da fare è dimostrarsi dei buoni confidenti e ascoltatori.

Come dice la parola stessa confidarsi implica fiducia, dimostriamoci quindi degni di fiducia, comportandoci da veri amici.

Forse la prima reazione impulsiva potrebbe essere quella di sgridare o giudicare l’autolesionista, ordinandogli di smettere immediatamente, ma questo creerebbe solamente un’altra barriera.

Ci vuole molto tatto, perspicacia e pazienza per aiutare il nostro amico a uscire da questo problema.

Occorre essere più pronti a udire che parlare.

Spesso serve l’aiuto di un medico per aiutare davvero il nostro amico, ciò non toglie che la nostra presenza e incoraggiamento si rivelerà fondamentale per l’amico che soffre.

Fategli sapere che siete al suo fianco e soffrite con lui.

Non giudicatelo mai per come si sente. Ditegli che può contattarvi in qualsiasi momento in cui abbia bisogno.

Autolesionismo: Come aiutare un figlio che si autolesiona?

Se siete genitori di un figlio autolesionista potreste provare l’impulso a sentirvi in colpa, arrabbiati o sconvolti.

In questo momento comunque, più che riflettere sulle proprie inadempienze, è importante concentrarsi sul ruolo positivo che si può avere nel recupero di vostro figlio.

Incoraggiatelo a parlarvi apertamente e senza vergogna di ciò che lo affligge.

Cercate di consolare vostro figlio parlandogli in maniera pacata e comprensiva, non cedendo alla tendenza ad arrabbiarvi.

Evitate toni accusatori. Ad esempio invece di dire:

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“Perché lo fai?

Come genitori non ci meritiamo un dolore del genere!

Non hai motivo di sentirti così!”

dite

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“Immagino che non stai bene con te stesso.

Cos’è che ti fa sentire così angosciato? 

Cosa posso fare per aiutarti quando ti senti così?

Come possiamo colmare il divario tra di noi?”.

Evitate di interrompere vostro figlio mentre si apre con voi.

In seguito potrete aiutarlo ad acquisire un punto di vista più equilibrato di se stesso, magari incoraggiandolo a individuare i suoi lati positivi.

Potreste suggerirgli di scrivere in un taccuino tre cose che gli piacciono di se stesso.

Gli sarà utile rileggerle quando proverà l’impulso a ferirsi.

Altre strategie da attuare quando vorreste farvi del male è pensare a qualcosa di piacevole, focalizzando la mente su cose positive.

Cercate attività che vi piacciano e vi coinvolgono, e dedicatevi ad esse.

Si può trattare di camminare, preparare un buon pasto, disegnare o fare qualsiasi altra cosa che vi permetta di concentrarvi su qualche attività impegnativa.

Per informazioni        +39 0444 370519